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Perché la vita?

Imam Abdessalam Yassine [Islam e modernità, per una comprensione reciproca . pp. 115-117]

Perché la vita? Domanda centrale, domanda vitale, domanda repressa, domanda soffocata, domanda insensata per alcuni!

È una domanda da non porre in pubblico in un’epoca priva di senso e presa da altri problemi inerenti il “come” delle cose e non il loro “perché”. La nostra epoca tecnica e scientifica curiosa di tutto, aperta sull’universo siderale come su quello molecolare, ficcanaso, meticolosa, osservatrice del minimo dettaglio di ogni cosa, resta tuttavia tragicamente estranea a questa domanda.

Il senso della vita, il perché della vita, è eluso e non si pone se non in seno ad alcune cerchie chiuse di filosofi infatuati di speculazioni metafisiche, o da questi emarginati dalla modernità che sono i musulmani e qualche altro popolo “sfasato”.

Il positivismo è l’unico modo di pensare nella società moderna: esiste solo ciò che i sensi percepiscono! Oltre al palpabile, al concreto e al materiale non esiste nulla. Tutto ciò che non è scientificamente verificabile e misurabile è solamente congettura.

Le domande antropocentriche che cercano un senso alla vita sono la prova tangibile di un’arretratezza mentale! Il campo della ricerca scientifica s’interessa all’utilità funzionale delle cose e all’efficacia della loro organizzazione, non a futili divagazioni sull’inconoscibile. L’uomo moderno sembra rassegnato a una vita priva di valore, rassegnato al tragico epilogo di una morte fatale che metta fine a una vita senza scopo.

Perlomeno ha ancora una piccola speranza, si aggrappa al davanzale di una finestra aperta su un muro: la scienza metterà un giorno a sua disposizione il mezzo per prolungare la sua vita. La speranza di vita è oggi, nei paesi sviluppati, vicina agli ottant’anni, domani forse supererà il secolo o forse il secolo e mezzo. Non è questo un sogno ragionevole visto i progressi senza precedenti raggiunti dalla scienza nel campo genetico?

L’uomo moderno si aggrappa alla speranza di prolungare la sua vita, di godere di una salute migliore e di una vita migliore grazie al progresso materiale, ed elude accuratamente la domanda essenziale. Egli inganna la sua angoscia divertendosi per dimenticare ed evitare di far fronte all’evidenza dell’inevitabilità della sua propria morte. Perché vivere allora se la vita è solamente un’assurda coincidenza, e se dopo la vita non c’è altro che la morte e la putrida tomba? Tanto vale suicidarsi subito!

Nelle società post-moderne, le comodità possono reprimere la domanda essenziale, come anche la miseria può farla dimenticare; ma niente può sopprimerla del tutto, dato che vive nelle viscere di ogni essere umano, che sia capace di formularla o meno. Ritorna sempre, straziante, pressante, esigente una risposta.

In fondo a ogni coscienza risiede, in qualche angolo intimo, l’attesa di una chiamata, di una voce caritatevole che ci annunci che la nostra esistenza ha un significato al di là della semplice presenza vegetativa nel mondo. 

Anche se la cultura moderna è terribilmente agitata e invadente per il baccano che produce, la natura, la nostra natura primaria, la coscienza che sta alla base del nostro essere più intimo, non sarà mai totalmente convinta che siamo in questo mondo per nessuna ragione di fondo. 

In fondo alla coscienza umana, vi è una tensione che ci spinge verso qualcosa che sta al di sopra, verso lo spirito. Tale tensione può indebolirsi e cadere in sincope, ma non muore mai. Può essere assordata fin dall’infanzia e resa incapace di sentire il richiamo esterno, o accecata da una determinata educazione e da una determinata cultura, ma non morirà, si ritirerà in qualche angolo buio e segreto della coscienza dell’uomo moderno, coscienza abbindolata dalla speranza che la scienza potrà un giorno resuscitare i morti, in attesa di quel giorno l’uomo moderno, vittima della sua illusione, potrà riservare un posto per la sua salma in qualche obitorio criogenico per miliardari. La scienza metterà forse un giorno a disposizione di tutti l’elisir dell’eterna giovinezza, immaginato dai classici alchimisti, ma risponderà essa alla domanda che abita ogni coscienza umana? 

Risponderà mai, questa modernità che si distacca poco a poco dai suoi valori giudaico-cristiani per abbracciare unicamente le sue origini greco-romane? L’atteggiamento moderno è diffidente e indifferente, se non addirittura dichiaratamente ostile, a ogni nozione metafisica; gli stravaganti scervellati che si occupano di parapsicologia o di qualche altra bizzarra branca sono mal tollerati e sempre sospetti agli occhi della società moderna. 

Tuttavia “cacciando la natura dalla porta essa ritornerà dalla finestra”. La spiritualità, insita nell’uomo e braccata senza tregua dalla modernità, ritorna da una finestra che dà su un abisso fatale: l’industria del ciarlatanismo è fiorente negli interstizi delle società moderne che lottano contro la vera natura dell’uomo. 

Lo sfogo dello spiritualismo settario va nel senso contrario ad ogni spiritualità. Numerosi sono coloro che cadono nelle grinfie macabre: le sette dove si divora carne umana viva, e quelle dove il culto del suicidio di massa è la regola, sono sempre in agguato ai margini delle società moderne, insieme alle pratiche di stregoneria e di spiritismo antiquato che fa girare i tavoli e parlare i cari defunti.

A destra del palco: la cultura greco-romana brilla con tutte le sue luci, ormai unico punto di riferimento ufficiale di una civiltà in rottura con le sue radici spirituali. Il corpo, la bellezza dell’atleta e della donna regina di bellezza, insieme alle prodezze del campione olimpico, sono i valori certi della nostra epoca. Sono i valori estetici e monetari che sono più apprezzati: l’ingaggio della stella di calcio identico a quello del cantante famoso, che guadagna quanto la star del cinema, e tutti questi guadagnano molto più di un primo ministro, tuttavia molto meno di un campione di pugilato che, per pochi istanti passati sul ring, può accumulare una fortuna.

A sinistra del palco: repressa e soffocata, la domanda naturale sul senso della vita, cerca risposta nella notte dei laboratori specializzati e in seno alle sette clandestine che hanno donato se stesse a Satana.

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