Il Profeta Muhammad ﷺ, il patto e il partenariato dei cittadini Il profeta e il patto Full view

Il Profeta Muhammad ﷺ, il patto e il partenariato dei cittadini

Abderrahmane Aknou

La vita del Profeta, la pace e le benedizioni su di Lui, era in definitiva solo il riflesso di una visione generosa, aperta e rispettosa degli uomini, indipendentemente dalle loro credenze e convinzioni. La sua vita è stata una testimonianza costante e un’incarnazione esemplare di un certo spirito di accoglienza, riconoscimento e profondo rispetto per l’Uomo e la sua dignità che non può essere relativizzata. Egli era a immagine di ciò che Dio, esaltato sia il Suo Nome, voleva che fosse, cioè un amore universale e una misericordia assoluta. “E ti abbiamo mandato solo come misericordia per l’universo”

Per illustrare il nostro punto, vorremmo ricordare alcuni fatti che evidenziano questa verità e questo stato d’animo che animava costantemente l’azione profetica.

Il patto delle virtù e dei virtuosi

Il Profeta dell’Islam aveva grande stima e considerazione per un patto / alleanza chiamato “Hilf-al-fudul” che era una sorta di patto di solidarietà universale stabilito dagli attori della Mecca allora politeisti, per sostenere ogni oppresso che sia cittadino o meno della Mecca. Infatti il ​​Profeta, pace e benedizioni su di lui, ci dice: “Sono stato chiamato a un patto / alleanza, durante il periodo precedente all’Islam (per la protezione dei deboli e l’opposizione all’ingiustizia e all’aggressione). Ora, se fossi di nuovo chiamato nell’Islam a unirmi a un simile patto, non mancherei.

Questo patto, che aveva per oggetto il sostegno delle giuste cause, la promozione della solidarietà e la protezione di tutti gli oppressi a cui il Profeta, pace e benedizioni su di lui, ha preso parte e ha lodato lo spirito anche se i suoi protagonisti non erano musulmani, propone due lezioni particolarmente interessanti per i musulmani in Occidente su cui riflettere e agire.

La prima lezione riguarda l’etica profetica che arriva a riconoscere l’altro in ciò che ha di meglio e a vedere il meglio nell’altro. Tale etica spinge così naturalmente chi ne è impregnato, a ricercare il bene comune oltre la fede specifica, per quanto essa sia importante e fondamentale nella coscienza e nel cammino del fedele. In altre parole, è fondamentale che i fedeli siano consapevoli che la nostra “islamicità” non ci porta fuori dalla nostra umanità. Questa umanità è uno sfondo condiviso che trascende tutti i particolarismi e costituisce la base di un’alleanza universale basata su valori comuni.

Possiamo stabilire partnership a geometria variabile perché non è necessario condividere tutto per poter agire in comune e lavorare insieme. Il Profeta ci insegna a comprendere i nostri valori in modo universale e pragmatico e non da una prospettiva esclusiva e settaria.

La seconda lezione è una conseguenza pratica che scaturisce dalla prima.

Il riconoscimento dell’altro ha senso solo quando ci spinge a considerare un lavoro comune nei cantieri di costruzione di buone opere utili all’interesse generale. Questo patto, se teniamo conto delle sue intenzioni e del suo spirito e se vogliamo esprimerlo in un linguaggio più contemporaneo, significherebbe chiaramente un’azione politica e civica in un quadro istituzionale aperto, che accoglie musulmani e non musulmani. È l’applicazione della cittadinanza attiva al servizio di cause giuste e universali. Si tratta di un investimento nella politica nel senso nobile della parola.

È la voglia di partecipare nel cuore della polis, la disponibilità a costruire alleanze politiche attorno a una base di valori e principi condivisi. È l’idea del partenariato dei cittadini al servizio di un progetto di società unificante, di una piattaforma comune dove poter collaborare, aiutarsi a vicenda e lavorare insieme di partner che non condividono necessariamente le stesse convinzioni filosofiche e religiose ma si ritrovano sull’essenziale come l’opposizione all’ingiustizia e all’oppressione, il rispetto della dignità umana, la difesa delle giuste cause, la protezione dei più deboli, il rispetto dell’ambiente, la promozione della solidarietà …

Dio, che il Suo nome sia magnificato, ha reso l’equità una finalità a tutti gli effetti della missione profetica: “Abbiamo mandato i Nostri profeti provvisti di prove inconfutabili, e abbiamo fatto scendere con loro il Libro e la bilancia, per far regnare la giustizia tra gli uomini

Il concetto di “Murûa”

I valori umani condivisi da tutti gli uomini e riconosciuti come tali da tutta l’umanità sono ciò che la terminologia musulmana esprime con la parola araba Murûa. Questo è ciò che il Profeta, pace e benedizioni siano su di lui, è venuto a sostenere e coltivare tra gli uomini al punto da affermare in maniera estremamente chiara: “Sono stato inviato specialmente per completare le nobili virtù“.

Questi nobili virtù indicate nella letteratura musulmana con il termine “Murûa” sono universali, non sono appannaggio di musulmani o non musulmani. Il concetto di Murûa tiene conto di tutto ciò che è di natura universale, esso suggerisce l’idea di un’alta moralità senza connotazione religiosa, virtù umane unanimemente riconosciute e condivise, modi di essere che creano consenso, perché corrispondono a ciò che è più profondo, più nobile, più virtuoso, più giusto nell’innato dell’uomo.

Secondo Abu Hurairah, il Messaggero di Dio disse: “Scoprirai che le persone sono come i metalli. I migliori di loro prima dell’Islam sono i loro migliori dopo l’Islam una volta che ne assimilino lo spirito… Scoprirai che le persone peggiori sono gli uomini con due facce. Essi presentano a questo un volto e a quell’altro un altro.”

Arbitrato del conflitto sociale durante la ricostruzione del Tempio della Mecca

Non c’è nulla nella vita del Profeta, pace e benedizioni su di lui, che può essere considerato banale e senza significato. il Profeta è stato educato, preparato, accompagnato e ispirato per tutta la vita dal Suo Signore. E come tale, esaminare la sua vita e scrutare la sua etica applicata è essenziale per chiunque voglia effettivamente prendere il Messaggero di Dio come modello come Dio ci ha comandato.

Intorno all’anno 605 dell’era cristiana secondo alcune fonti, il tempio della Ka’aba fu parzialmente distrutto e un lavoro di restauro si impose ai notabili della Mecca strutturati mentalmente in clan e tribù. Sorse un grande conflitto sul posizionamento della pietra nera: chi avrà l’onore di collocare questa pietra maestra al suo posto, a chi andrà questo grande privilegio? Nessuna concessione, nessun compromesso da parte dei protagonisti, la Mecca era sull’orlo della guerra civile.

Dopo alcuni giorni di alta tensione, hanno finalmente accettato l’arbitrato del primo che entrava dal cancello di Banu Shaiba. Il destino di Dio fu che fosse il Profeta, pace e benedizioni su di lui. Egli propose loro una soluzione, un saggio compromesso che ha allentato le tensioni e avvicinato le sensibilità e gli ego individuali e collettivi al servizio della pace sociale e della giustizia. Diverse lezioni possono essere tratte da questo evento e dovrebbero dettare la nostra azione di partenariato: la competenza morale ed etica; l’intelligenza sociale e la competenza politica.

Il Profeta è stato riconosciuto per due cose fondamentali: la sua autorità morale e la sua etica per la quale era considerato degno di fiducia (Al amin.) La sua fine intelligenza della psicologia collettiva, dell’immaginario sociale, dei codici culturali in vigore nel suo contesto; qualcosa che gli ha permesso di proporre le migliori soluzioni, considerando la situazione in tutta la sua complessità.

Migrazione dei primi musulmani in Abissinia:

Chi studia la vita del Profeta con l’intenzione di ispirarsi ai valori che l’hanno fondata e trarne i principi dell’azione islamica qui e ora, non può ignorare l’evento dell’emigrazione dei primi musulmani perseguitati in patria per trovare e chiedere, su esplicita raccomandazione del Profeta, un rifugio politico in Abissinia allora terra cristiana.

La storia conserverà l’alta considerazione e il grande rispetto del Profeta verso il Negus, re cristiano umanista d’Abissinia, al punto da consigliare ai musulmani di trovare asilo nel suo regno. “C’è un re in Abissinia presso il quale nessuno subisce oppressione.

È ovvio che questa scelta avesse come base esplicita il riconoscimento e la condivisione di valori comuni e di sentimenti di generosità umana, di libertà, di tolleranza che rappresentavano e difendevano quest’uomo, anche se allora non musulmano.

Lodando quest’uomo cristiano, umanista per usare una terminologia più contemporanea, il Profeta, pace e benedizioni su di lui, stabilisce una compatibilità de facto tra i principi promossi dall’Islam e i valori umanisti che fanno consenso e trascendono i particolarismi come il rispetto della dignità umana, la fratellanza umana, l’equità, il diritto di asilo, lo Stato di diritto, la libertà di coscienza….

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