Il senso, il merito e le buone maniere nell’invocazione della preghiera sul Messaggero di Dio ﷺ
Il Messaggero di Dio, pace su di lui, disse: «Chi invoca su di me la preghiera una volta, Dio prega su di lui dieci volte.» [Riportato da Muslim e altri e narrato Abu Huraira]
Se questo è il merito dell’invocazione della preghiera sul benamato, pace e benedizione su di lui, come può il credente non esagerarne.
Le formule di invocazione della preghiera sul Profeta, pace e benedizione di Dio su di lui, sono tante, la formula “ibrâhimiyya” che si recita nel tashahhud resta quella centrale.
La nostra invocazione sul generoso Messaggero gli giunge nel suo sepolcro, e gli giunge il nostro saluto, come è attestato in un hadith. Pertanto è necessario adottare le buone maniere (adab) con la guida dei Profeti e il migliore delle creature, pace e benedizione su di lui. La prima di queste buone maniere è l’elevata considerazione che dobbiamo avere per la sua persona nei nostri cuori, e l’amore per lui che è collegato indissolubilmente all’amore per Dio. Tra le buone maniere vi è anche il fatto di dedicare alla sua nobile anima il merito delle nostre buone opere, e incrementare la preghiera su lui il giorno del venerdì.
Stiamo in guardia inoltre dall’allontanarci dalla misericordia divina non invocando, per avarizia, la preghiera su di lui quando sentiamo citato il suo nome, ed è un segno di imparagonabile avarizia il fatto che il credente scriva, dopo aver citato il Messaggero, pace e benedizione su di lui, una “ص” muta (paragonabile al “pbsl” utilizzato in italiano) tra parentesi, privando se stessi e i propri lettori di questo enorme merito.
Non dimentichiamo di ricordare, come molti dimenticano, che l’obiettivo dell’invocazione della preghiera e della benedizione sul Messaggero, e l’esagerazione in essa, è realizzare la sua compagnia e il suo amore. In quanto se esageriamo nel ricordarlo, come ci è comandato, la sua immagine e il suo significato si trasformano nei nostri cuori come una luce che ci guida al ricordo e alla amore di Iddio. Il risultato dell’invocazione sul benamato prescelto, pace e benedizione su di lui, è il nostro attaccamento perenne alla sua persona. Giacché la salât [l’invocazione] è sila [legame].
L’invocazione della preghiera sul Messaggero di Dio, pace e benedizione su di lui, è una chiave per ogni bene, perciò molti nostri pii predecessori raccomandavano di iniziare e terminare ogni invocazione (du’âa) con l’invocazione della preghiera sul Profeta, pace e benedizione su di lui, giustificando con il fatto che: «Dio Altissimo è così generoso che non potrà accettare le due invocazioni (sul Profeta) senza accettare ciò che vi è fra di essi.»
[Imam Abdessalam Yassine]