L’epidemia e le responsabilità del credente
L’universo colmo di grazie e di meraviglie, pieno di prove e di difficoltà, è per i credenti la manifestazione della volontà di Iddio l’Altissimo: la grazia è un dono e la calamità è una prova da parte di Dio.
In queste settimane una creatura microscopica, invisibile a occhio nudo, ha sconvolto la nostra esistenza, è transitata da un paese all’altro senza badare a frontiere e confini, costringendoci a limitare la vita sociale, a chiudere locali, cinema, teatri, chiese e moschee.
Come credenti dobbiamo avere piena coscienza che la morte è un decreto divino ineludibile, che nessuno può anticipare o ritardare, la cosa più sensata è prepararvisi in ogni momento. Essa è un evento che avviene quando il nostro tempo in questa vita si esaurisce, e la malattia non è che uno strumento al servizio del decreto divino.
Ciò non significa che non dovremmo prendere le necessarie precauzioni per evitare la malattia, il santo Messaggero, pace su di lui, ha insegnato ai suoi compagni che: “Se vi giunge notizia che in un paese vi è un’epidemia, allora non vi andate (per non contrarre l’infezione). E se siete in un paese colpito da un’epidemia, non vi uscite (per non propagare l’infezione).” Ciò è quello che nel linguaggio medico viene chiamato quarantena, la quale serve ad evitare la diffusione del contagio. Il Profeta, pace su di lui, ci mette in guardia dicendo: “Chi fugge dalla peste [avendola contratta] è come un disertore, e chi ne sopporta le conseguenze [isolandosi] avrà la ricompensa di un martire.”
Questi insegnamenti profetici, che risalgono a più di 14 secoli, sono in piena sintonia con i provvedimenti che hanno assunto le autorità sanitarie di tutti i paesi colpiti dal virus. Ed è un dovere religioso, oltre che civico, per il musulmano attenersi alle indicazioni e alle misure assunte dalle autorità competenti per arginare il contagio. Nel Corano l’Altissimo dice: “Obbedite ad Dio e all’Inviato e a coloro che abbiano autorità tra di voi”. È fondamentale per proteggere noi stessi, i nostri cari e tutta la nostra società.
Un aspetto altrettanto importante è quello dell’informazione, la quale dovrebbe essere attinta dai canali ufficiali in modo da non credere ingenuamente alle false notizie, o essere noi stessi dei propagatori di tali notizie seminando panico e allarmismo. Nel sublime Corano è detto: «O voi che credete se un empio vi reca una notizia, verificatela, affinché non portiate, per disinformazione, pregiudizio a qualcuno e abbiate poi a pentirvi di quel che avrete fatto..» E il Profeta, pace su di lui, diceva: “Chiunque creda in Dio e nell’Ultimo giorno dica una parola di verità o taccia.”
Questa emergenza è anche un’occasione per mostrare empatia e solidarietà alle persone più deboli e alle vittime dell’epidemia. Come musulmani siamo invitati a cercare di alleviare il loro dolore al massimo che possiamo, testimoniando con le nostre azioni prima delle nostre parole che siamo un’unica comunità nazionale e che la nostra fede islamica è misericordia per il Creato, dice il santo Profeta, pace su di lui: “Il migliore di voi è colui che è più utile agli altri.” Riscopriamo il valore del dono, della carità. Il Profeta, pace su di lui, insegnava che: “L’elemosina respinge la prova e cura la malattia.”
Come credenti, teniamoci stretti nel nostro legame spirituale, e facciamo di questa situazione un’ulteriore occasione per rinnovare il nostro legame con Dio l’Altissimo, attraverso il Suo ricordo e la meditazione del Suo libro. Egli ci dice nel Suo sublime Libro: “Già inviammo [profeti] alle comunità che ti hanno preceduto, poi le colpimmo con avversità e afflizioni, affinché ritornassero a noi.” Capiamo quindi che le prove sono un’occasione che Dio ci concede per ritornare a Lui. Esse sono un segno che ci mostra la fragilità della vita terrena, e ci stimolano a porci le domande essenziali riguardo la nostra esistenza. Ancora nel Corano è detto: “Colui che ha creato la morte e la vita per mettervi alla prova (e sapere) chi di voi meglio opera, Egli è il Potente, il Perdonatore.” La menzione della morte in questo versetto precede la vita per insegnarci che il senso della vita può essere compreso soltanto avendo presente la morte, quindi l’Altra vita.
Preghiamo quindi Dio affinché ci faccia superare al meglio tale prova. L’invocazione d’altronde, come ci insegna il Messaggero di Dio, pace su di lui, è l’unica cosa in grado di cambiare il decreto divino, essa è il rifugio e l’arma in mano al credente per far fronte alle prove della vita. Il Profeta, pace su di lui, ripeteva spesso questa invocazione: “O Dio mi rifugio in te contro la vitiligine, la follia e la lebbra, e tutte le malattie nocive.”
Che l’Altissimo protegga questo nostro paese e tutti i suoi abitanti, allevii il dolore dei malati ovunque sulla terra e dia sostegno a tutti coloro che sono impegnati nel far fronte a questa emergenza.